Il 1° Dicembre 2023, a distanza di ben 21 anni dal suo ultimo album di inediti in studio, Peter Gabriel ha pubblicato l’album “I/O”.
Chi scrive ammette di essere un estimatore di questo eclettico musicista, ma si impegna ad essere il più obiettivo possibile (lo giuro sui Genesis!).
Detto ciò: Gabriel nell’arco del 2023 ha ciclicamente pubblicato un brano ogni plenilunio, sia nella versione Bright-Side Mix sia nella versione Dark-Side Mix.
Questa scelta è stata dettata da un messaggio chiaro e preciso, una denuncia dello stato in cui versa il nostro pianeta, in cerca di una riconnessione con esso: “Un modo semplice di pensare al nostro posto (nel mondo) è guardare il cielo e la Luna […] Ogni volta che alzerete lo sguardo alla Luna piena saprete che c’è un brano nuovo”.
Da sempre attento alle questioni sociali ed ambientaliste, Gabriel è l’artista che ci si dedica anima e corpo, la sua arte è sì musicale, fatta di suoni e arrangiamenti, ma anche di visual art, videoclip, atmosfere, per non parlare dei concerti in cui tutto ciò viene assemblato e trasmesso agli spettatori in modo favoloso.
Interrogarsi sullo stato delle cose, su ciò che ci circonda. Il futuro ma anche ciò che siamo e siamo stati. Gabriel lancia un messaggio ben preciso, ovvero risvegliare la coscienza di coloro che puntando il dito guardano finalmente la Luna.
In un tempo in cui è l’intelligenza artificiale a guidare i nostri gusti, l’artista dice: “Uno dei messaggi di questo disco è non giudicare le cose in modo binario, bene/male, ma vedere ogni cosa come parte del tutto e se c’è modo di combinare tutto per fare un passo avanti. Viviamo in una società dove si cerca di allontanare le persone, in parte perché c’è un gioco commerciale nel mantenere l’attenzione, e quando i siti web ci fanno innervosire, arrabbiare, ci rendono prede o predatori, e polarizzati nel giudicare, piuttosto che accettare, tollerare e cercare punti di contatto, è pericoloso”.
“Panopticom”, che apre l’album, è una denuncia all’informazione menzognera (un po’ come “The Barry Williams Show” dello scorso album, che si lanciava contro la spettacolarizzazione delle tragedie umane), mentre il brano “The Court” è una chiara invettiva contro la giustizia menzognera, così come “Four Kinds of Horses” descrive le distorsioni dovute ai credi religiosi estremisti.
Temi forti che spiazzano e fanno riflettere, perché nella ricerca dell’artista c’è molto di più che il brano fine a se’ stesso che deve girare in radio o sulle piattaforme. Gabriel non ha mai inseguito, da un certo punto in poi della sua carriera, la hit a tutti i costi. Ogni suo brano ha sempre attinto dalla realtà della società contemporanea.
I brani “Playing For Time”, “So Much”, “And Still” sono descrizioni, attimi e turbini di immagini legate ai ricordi, ai sentimenti e ad una interiorità profonda e tumultuosa.
“Road To Joy” (uno dei miei brani preferiti, n.d.r.) è una concessione alla rinascita spirituale ma anche fisica, un fil rouge che attraversa l’album e che porta direttamente alla globalità, intesa come unione di spirito e materia con la natura.
Peter Gabriel, da tempo oramai, non ha più la necessità di stupire.
La ricerca artistica che porta avanti non ha scadenze discografiche o commerciali (non a caso 21 anni di attesa!).
Il formato mastodontico di questo suo nuovo album che comprende addirittura due versioni alternative dei brani (con una terza ad appannaggio dei fans più accaniti in una Limited Deluxe Edition di prossima pubblicazione) è la chiara dimostrazione di ciò che Gabriel vuole condividere con chi lo ama e lo segue: un punto di vista e sonoro diverso.
Ascoltando il brano “Love Can Heal” potremmo pensare ad un vecchio slogan da hippie ma c’è di più: “Se le persone sentono interazione, calore, generosità, se sono parte di qualcosa di vivo e non isolate, è molto pi probabile che facciano qualcosa di buono o siano in grado di offrire di più donandosi, e questa è la mia esperienza”.
I musicisti che hanno suonato nell’album sono, da decenni oramai, gli stessi che accompagnano Gabriel anche nei concerti dal vivo, ovvero Tony Levin, David Rhodes, Manu Katché a cui si sono aggiunti Richard Russel, Tom Crowley, Josh Shpak e il nostro Paolo Fresu.
Il Bright-Side Mix ha arrangiamenti con sonorità più al servizio di suoni chiari (appunto) con linee orchestrali a valorizzare la splendida voce di Gabriel.
Il Dark-Side Mix, pur mantenendo sonorità contraddistinte, porta l’arrangiamento dei brani in una direzione più rock-oriented, senza snaturare la bellezza dei brani.
Entrambi i mixaggi ci danno punti di vista alternativi, Gabriel ci prende per mano e ci mostra orizzonti diversi, o forse son solo i nostri sguardi ad esserlo.
Personalmente reputo questo disco qualcosa di cui c’era bisogno.
Peter Gabriel è uno scultore di suoni, ma non solo, come già detto.
Capolavoro? … Perché no?
Geniale? … Forse!
Resta l’incontrovertibile fatto che finché ci saranno ARTISTI come lui, ci sentiremo sempre un po’ più rassicurati in questa baraonda che ci circonda.
Grazie Peter!