MARILLION – An Hour Before Darkness (Un’ora prima del buio)

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A distanza di sei anni dal precedente album “F.E.A.R. (Fuck Everyone And Run), il 4 Marzo è stato dato alle stampe il nuovo album dei Marillion dal titolo “An Hour Before Darkness”.

C’era grande attesa tra i fans della band britannica per questo nuovo lavoro, perché questo loro 20° album in studio si presenta come una rigorosa lettura dei nostri tempi.

I brani in scaletta sono 7, di cui gli ultimi due vere e proprie suite della durata di 10 e 15 minuti, un chiaro richiamo alle origini prog-rock mai abbandonate dai cinque musicisti.

Il primo brano, dal titolo “Be Hard On Yourself”, è un monito per l’intera umanità, un’esortazione ad aprire gli occhi su quello che sta accadendo al nostro pianeta, un’invettiva contro il riscaldamento globale e la scellerata distruzione ambientale. La voce di Steve Hogarth emoziona e colpisce nel segno con le sue sfumature.

Il secondo brano “Reprogram The Gene”, ispirato dalla pandemia, ci riporta agli oscuri giorni del 2020 fatti di solitudine e distanza, ma anche qui c’è un messaggio di speranza, in quello che siamo e in quello che saremo dopo questa “lezione” della Natura.

Dopo un delicato interludio dal titolo “Only A Kiss”, arriva il brano “Murder Machines” (ancora sulla crisi pandemica) con una sventagliata di bei riff e un interplay accattivante, da sempre marchio di fabbrica di questi eccezionali musicisti.

Il quinto brano “The Crow And The Nightingale” è un velato omaggio alle atmosfere del poeta/cantautore Leonard Cohen. Lo si intuisce dall’accuratezza dell’arrangiamento, dal testo poetico e dal cantato che unisce la delicatezza e l’oscurità di parole scolpite nella pietra.

Sierra Leone”, brano diviso in 5 parti, ha un incedere lento con morbide pennellate di chitarra e pianoforte, fino ad aprirsi in un assolo di chitarra finale in cui emerge tutta la maestrìa di Steve Rothery, chitarrista dal tocco gilmouriano.

Chiude l’album il brano “Care”, un luminoso pezzo di oltre 15 minuti, con venature elettro-funk e delicati passaggi di voce e tastiere ad incorniciare un sentito omaggio ai medici ed agli infermieri di tutto il mondo, impegnati nella battaglia contro il Covid19.

In questo album ritroviamo le tipiche ricerche del prog-rock unite, stavolta, a testi che possono sembrare crepuscolari, ma che in realtà racchiudono esortazioni alla speranza, alla rinascita. Una chiara dimostrazione del fatto che la musica ha il potere di arrivare al cuore, cambiandoti per sempre.

Ci sono in questo album parole che innescano ragionamenti, percorsi in perenne mutamento che sono specchio della nostra tormentata quotidianità, emergono dignità e positività.

I Marillion hanno da sempre unito musica e immagini, in una carriera non sempre all’altezza di quello che avrebbero meritato, ma sempre fulgida e coerente.

Per alcuni l’album potrebbe sembrare un tantino retorico, ma se la forza di questi testi e le mille sfumature di queste musiche riescono a farci pensare

e cogliere attimi di riflessione, ben venga anche la retorica!

Di base, ho colto una critica alla contemporaneità, ma fiducia verso l’avvenire.

Abbiamo bisogno di artisti del genere, del loro impegno, del loro punto di vista sul mondo moderno, delle loro parole, delle loro note: abbiamo bisogno dei MARILLION.

Marillion:

Steve Hogarth : voce e pianoforte

Steve Rothery : chitarra

– Ian Mosley : batteria

Pete Trewavas : basso

Mark Kelly : tastiere

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