IN PLATEA CON “BUNGARO”

0
125

Dopo più di un anno d’interviste telefoniche e via web, ieri ho incontrato uno dei cantautori più sensibili del panorama musicale italiano: BUNGARO.

In un pomeriggio tra le mura dell’Abbazia Santa Maria La Sanità del Casale di Pisticci, prende forma l’Entronauta Live che “in un mare di stelle” ha regalato una serata colma di musica di qualità. Ad accompagnare Bungaro in questo viaggio c’è il percussionista e compositore Marco Pacassoni.

Terminano le prove e davanti a me “Bungaro” che in modo gentile accetta di chiacchierare con me e raccontarsi un po’.

J: Buon Pomeriggio

B: Ciao, Buon Pomeriggio a Te

  • Iniziamo a parlare di musica, scrittura e della nuova scena musicale e così la mia prima domanda non può essere altro che per i giovani cantautori.
Bungaro

J: Oggi fare musica è un po’ più complesso, ai giovani cantautori cosa consigli?

B: E’ importante progettare, è inutile far uscire una canzone senza una costruzione vera e propria di quello che si vuole fare. Bisogna progettare un sound giusto, tra le parole e la musica, essere originali e semplici.

Credo che l’unica carta per partire, quando si ha un progetto, sia avere personalità, una timbrica particolare, fare la differenza. Anche i Festival, come Musicultura, il premio Bianca D’Aponte e molti altri, danno un’opportunità, danno l’occasione d’incontrare una produzione, smettendo di essere produttori di se stessi. Se c’è la stoffa e il materiale trovi sempre qualcuno che poi s’interessa al tuo progetto.

J: Bisogna tornare a far musica come in passato?

B: Io continuo a farlo, anche il nuovo disco “Entronauta” lo abbiamo concepito e creato come si faceva una volta, con i musicisti, tutti in studio a suonare insieme dal vivo. Abbiamo fortemente voluto un’orchestra vera in un momento così difficile e di crisi. C’è il vibrafono, le percussioni, la marimba, il contrabasso, il piano forte, le chitarre che accompagnano delle canzoni che spero facciano la differenza e che restino. Oggi i dischi devono essere belli dalla prima all’ultima canzone.

J: Da questo concetto nasce l’idea di non distribuire Entronauta in digitale?

B: Il disco è un oggetto, un oggetto prezioso, anche se ormai se ne vendono pochi. Noi durante i live riusciamo a venderli, il pubblico è incuriosito da quello che ha ascoltato durante il concerto e vuole qualcosa di tangibile per riportare la mente a quel momento. Il disco lo tocchi, lo riascolti, verifichi il contenuto, è fatto d’immagini, di professionisti che ci hanno lavorato. Dietro c’è un progetto, c’è una vita, ci sono dei racconti.

J: “Entronauta” è il nome del nuovo disco. Da cosa deriva questo titolo e perché questa scelta?

B: Entronauti è un libro di Scanziani che ho letto all’incirca 25 anni fa, è un libro che mi aveva colpito molto, parla di personaggi che riuscivano a vivere bevendo solo acqua, lavorando dentro se stessi, lavorando nei continenti interiori. A quei tempi, mi sembrava un po’ troppo, non ero maturo per una cosa del genere. Dopo tanti anni, visto che lavoro sempre su me stesso, tirando fuori parole e musica mi sono sentito un po’ l’entronauta delle mie canzoni e proprio alla fine della scrittura dell’album mi sono detto – è proprio lui, Entronauta.

All’interno dell’abum c’è un racconto di Lorenzo Marone narrato da Pino Insegno. Ricordo di avergli dato il disco, di avergli detto che io non volevo scrivere di me stesso, ma che ero incuriosito su ciò che lui avrebbe scritto ascoltando l’album, pensandomi. È un racconto che parla un po’ di me, io che attraverso le discese e le salite della vita, mi racconto e racconto cose che appartengono a tutti – così nasce Entronauta.

J: E’ un gioiello da custodire questo Album.

B: Credo di sì, non sei la prima a descriverlo cosi ed è una cosa che mi rende fiero, perché vuol dire che si sente il mio rispetto per le canzoni, per il pubblico e la mia voglia di fare musica ancora con amore.

Ascoltando “Entronauta” entrerete un po’ nell’anima dell’artista, diventerete voi entronauti, attraversando, tra note e parole, una parte di voi sconosciuta, perché è questo che fanno i dischi “gioiello”, ti fanno crescere, ti fanno evolvere, ti fanno venire voglia di conoscenza, ti fanno scoprire emozioni nascoste pronte a dar vita al nuovo.

Credo che sia proprio il caso di dire: “UN DISCO E’ PER SEMPRE”.

GRAZIE BUNGARO.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here