IN PLATEA CON… “KIOL”

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“KIOL” cantautore, polistrumentista e produttore nato a Torino nel 1997.

Giovanissimo inizia la sua carriera in giro per l’Europa, ha la determinazione giusta per mettersi in gioco e la voglia continua d’imparare e progredire. Un cantautore che si mette a servizio della sua passione, non segue le mode ma il suo “essere”.

Si è fatto conoscere al grande pubblico in Gran Bretagna, Francia, Belgio e Germania, aprendo concerti ad artisti del calibro di Placebo, Patty Smith, Natalie Imbruglia, Jack Savoretti, Joan Baez, Editors, Eros Ramazzotti; ha già lavorato con produttori come Dimitri Tikovoi (Placebo, Goldfrapp), Dani Castelar (Paolo Nutini, Editors) e Tommaso Colliva (Muse).

Dal 29 Gennaio è in rotazione radiofonica il suo singolo “CIAO” estratto dall’album Techno Drug Store.

Ore 16.00 ha inizio la nostra chiacchierata.

J: Ciao Alessandro, Buon Pomeriggio

K: Ciao Jennifer, scusami se ho posticipato l’orario dell’intervista ma avevo delle lezioni online.

Si, lezioni online, perché Kiol dopo essere stato in giro tanto tempo con la sua musica, ha deciso di iscriversi alla “British and Irish Modern Music Institute” a Londra e come tutti, non potendo frequentare in presenza, segue le lezioni a distanza.

Sorridiamo sul suo ritorno a “Scuola”, riflettendo anche su come siano importanti le scelte che si fanno e di come un “periodo sabatico” molto spesso poi ti porta a fare la scelta giusta.

J: Come è iniziato tutto? Come è iniziata questa carriera in giro per l’Europa?

K: Io ero batterista, da piccolo già suonavo con Band a Torino, poi durante un viaggio in Irlanda mi sono avvicinato al canto, alla chitarra e ho cominciato a suonare lì per gli amici che erano super-motivanti, se non c’era una chitarra andavano a prenderla per farmi suonare e cantare. Da questa esperienza nasce anche il mio nome d’arte “KIOL” – CEOL che significa Musica in irlandese.

Quando sono tornato a Torino ho scritto 5 brani e li ho inviati a colui che è ancora oggi il mio manager, Andrea. Successivamente, visto che canto in inglese, Andrea ha inviato alcuni miei brani ad un manager del Belgio, Stefano. Dopo aver terminato la registrazione del mio primo EP “I Come as I Am” siamo partiti per Bruxelles, siamo andati da Stefano, per far ascoltare la mia musica. Tutto è iniziato da qui. I primi concerti li ho fatti a Bruxelles, poi in Belgio, da qui ho trovato agenzie di booking che mi hanno dato l’opportunità di aprire concerti e poi grazie al mio primo EP, l’ITB di Londra si è interessata a me e ho cominciato a suonare a Londra dove ho aperto concerti di grandi artisti.

J: Domanda da fun, come è stato cantare prima di Patty Smith?

K: Si mi è capitato anche questo, non ero sul suo stesso palco, ma ho cantato prima del suo concerto, purtroppo non l’ho conosciuta ma è stata un’esperienza bella.

J: Ad ottobre è uscito “TECHNO DRUG STORE”, attraverso questo album cosa hai voluto raccontare?

K: L’album parla principalmente di amore, amore per la vita, di amore in tutti i suoi significati, parla di gioia e di solitudine.

J: Con un ragazzo di 23 anni la solitudine cosa c’entra?

K: Fortunatamente sono un ragazzo aperto e sempre circondato da persone, andare a Londra mi ha fatto un po’ capire cosa può essere la solitudine, anche se ero in compagnia mi sono reso conto che era diverso e per un periodo mi sono chiuso. A Londra ti devi abituare, sicuramente mi ha dato tanto anche perché la solitudine può essere vista come una cosa positiva: imparare a stare con se stessi e a starci bene. Per esempio Lonely, una canzone dell’album, parla proprio di questo, ogni tanto abbiamo bisogno del self time, di godersi se stessi e io lo faccio attraverso la musica e in quel periodo passavo nottate a scrivere e suonare invece di uscire e quando ne ho bisogno lo faccio ancora oggi.

J: Il 29 gennaio è uscito il singolo “CIAO” estratto dall’ultimo album, come nasce questa canzone?

K: E’ una canzone abbastanza vecchia che risale ai primi periodi di tour, CIAO parla di quegli anni in cui mi spostavo continuamente, non ero mai fisso in un posto e ogni volta era un salutarsi, andare avanti e partire.

J: La scelta di un titolo in Italiano in una canzone scritta in inglese è stata una cosa voluta? E se sì perché?

K: La parola Ciao fa parte della canzone, il titolo è arrivato dopo, non è proprio stato voluto. Girando tanto si incontra gente che parla diverse lingue e ti accorgi che la parola CIAO diventa un collante, una parola che viene compresa da tutti e poi in qualche modo mette in risalto il fatto che sono Italiano.

J: Progetti futuri?

K: Si spera di tornare sul palco il prima possibile. In questo periodo sto scrivendo tanto, lavoro anche come produttore, scrivo canzoni per altri e ora sto collaborando con altri artisti, una cosa nata nel periodo del lockdown in cui mi sono chiesto cosa potevo fare con la mia passione e così ho cominciato a creare musica con altri.

Chiudiamo questa telefonata con la riflessione di quanto sia bello avere per le mani un disco, guardare la copertina e interpretare cosa ci sia dietro a quel progetto musicale. Gli appassionati lo sanno, un disco, attraverso il suo totale essere, è il racconto di quello che andremo ad ascoltare e che vuole rimanere nel tempo. A proposito di questo KIOL afferma: “Tramite i live l’artista ha un rapporto vero con l’ascoltatore e ti fa dimenticare il fatto che la musica oggi è maggiormente digitale. La Musica va sostenuta attivamente, comprare un disco è importante, andare ai concerti è importante, dare valore alla musica è essenziale. Non tutti i giovanissimi conoscono la sensazione e l’emozione che dà un disco fisico, la musica ha bisogno di essere compresa e per far questo ha bisogno di attenzione”.

Grazie Alessandro per questa intervista.

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